Dicembre 1985, una sera particolarmente lugubre in una cittadina al nord della Cina.
Notte fonda, luci fioche nelle strade. Freddo intenso come può esserlo da quelle parti.
Il visitatore dall’estero non aveva alcun appuntamento. Finita la cena, si preparava pigramente per la notte.
Però a sorpresa qualcuno bussò alla porta e si trovó davanti un anziano signore, curvo e dalla salute precaria. Sulle labbra ha un sorriso profondo e pacato, ma non dice nulla, sembra timoroso e fa cenno di voler entrare. Ha in mano uno strano fagottino.
Prima che lo straniero possa formulare una qualsiasi domanda, l’inatteso ospite è già entrato nella stanza.
“Sono Melchiorre Zhang, il vescovo di Xiwanzi”, sussurra appena l’anziano signore.
Lo straniero stenta a credere. Per parecchi giorni aveva esplorato ogni possibilità per riuscire a incontrarlo, ma le autorità avevano sempre opposto un netto rifiuto. L’anziano vescovo era stato appena liberato dopo 33 anni di lavori forzati e di prigione. Era stato giudicato un “contro-rivoluzionario”, perché ai tempi si era rifiutato di stare al gioco del governo e accettare il progetto di rendere indipendente e autonoma la Chiesa in Cina.
“Sì, sono proprio io, Zhang Kexing. Sono venuto per chiederti un favore: porta questo fagottino al Papa”. Le mani ora tremano allo straniero. La commozione cresce mentre il vecchio apre il fagotto e ne estrae un paio di calzoni ormai totalmente scoloriti e interamente rattoppati, e una sottile maglietta consunta con stampato un numero.
“Dica al Papa che li ho portati durante tutti gli anni della mia prigionia. Sono i testimoni dell’amore che Gesù Cristo ha posto nel mio cuore, e della pace che lui mi ha donato. Nella vita ho amato solo Cristo e la sua Chiesa”.
Il visitatore, ormai in lacrime per la commozione, si ritrova inginocchiato davanti a questo uomo tutto pelle e ossa.
Mons. Melchiorre Zhang era stato rilasciato da poco. Una vita consumata in un’apparente inutilità. Morirà di cancro tre anni dopo, il 6 novembre 1988, privo di cure mediche e senza che gli venisse mai permesso di incontrare “estranei”.
Fonte (non letterale): Giancarlo Politi, Martiri in Cina, EMI, Milano, 1998, p. 103
Mi impressiona sempre la testimonianza dei perseguitati a causa del Regno, cristiani che come questo vescovo possono aver sopportato tanta violenza fisica e psichica senza perdere la fede in Dio e mantenendo vivo l’amore alla chiesa.