Suor Irene, missionaria della Consolata presto beata

Sabato 23 maggio 2015 a Nyeri, in Kenia, suor Irene Stefani, missionaria della Consolata, sarà proclamata beata.

Suor Irene aveva lavorato in Kenia e Tanzania, ma il miracolo che ha compiuto è avvenuto in Mozambico, a Nipepe, vicino a Maúa, la mia attuale missione. A Nipepe, durante la messa, all’alba del 10 gennaio 1989, si udirono gli spari con i quali iniziava l’assedio militare. Oltre alle persone già presenti si rifugiarono in chiesa per mettersi in salvo circa 260 persone che vi rimasero segregate, praticamente sotto sequestro, per oltre tre giorni, sotto la minaccia di uccisione. Tutti ebbero salva la vita, anche coloro che poi furono deportati in altre sedi militari. Durante l’assedio non ebbero altro modo di  abbeverarsi e rinfrescarsi, se non ricorrendo alla poca acqua del fonte battesimale che non si prosciugò mai. Il parroco, Padre Giuseppe Frizzi, missionario della Consolata e gli altri fedeli che erano con lui, presagendo il peggio, invocarono suor Irene e dal fonte battesimale sgorgò acqua sufficiente per tutti per più di tre giorni. Durante l’assedio nacque anche una bambina, che venne chiamata Irene. Tanti di loro sono ancora in vita e potete immaginare la loro felicità. La figlia di Irene si chiama Eukarestia.

Suor Dalmazia Colombo

Barletta: don Vito e don Domenico Savio in partenza per l’Uganda spiegano le ragioni della loro scelta

Il Quotidiano Italiano pubblica questa bella testimonianza di due fidei donum partenti per l’Africa.

Buona lettura!

http://bat.ilquotidianoitaliano.it/attualita/2014/09/news/barletta-don-vito-e-don-domenico-savio-partono-per-lafrica-le-ragioni-della-loro-scelta-45801.html/

Testimonianza di missio ad gentes in Guinea Bissau

Cosa dire della vera missione per cui siamo qui a São Domingos? Direi che qualche piccolo segnale di crescita della Chiesa lo vediamo, anche se occorre avere molta, ma molta e ancora molta pazienza…

Proprio ieri sera, dopo cena, sono andato in chiesa a pregare un po’ e vedo una bicicletta fuori. Penso a qualcuno che è venuto a cercare qualcosa che ha perso o a qualche lettore che è venuto a preparare la lettura, invece accendo la luce e vedo Inacio, inginocchiato davanti al Tabernacolo, tanto raccolto… e non solo per 2 minuti!! Quando si alza per uscire mi saluta e mi dice che andava a casa a lavarsi… Era appena uscito dal lavoro e prima di andare a casa è venuto a fare una visita a Gesù! Questo per me è un piccolo segnale di Pasqua, una briciola di crescita della fede di questa nuova chiesa.

Un altro bel segnale è il matrimonio che celebreremo sabato mattina. Si tratta di Geraldo e Fatima. Convivevano già e hanno figli. Lui battezzato, lei ha cominciato la catechesi quest’anno. E’ un bel segnale anche questo! Come sapete Parrocchia significa insieme di case di cristiani, cioè di famiglie cristiane. Noi qui a São Domingos abbiamo appena 7 famiglie. Sabato diventiamo 8! Un bel numero per cominciare. La matematica non mi è mai piaciuta, ma sta volta mi piace: 8 x 2 = 16. Siamo più degli apostoli, senza contare i figli. Se in 12 hanno convertito il mondo, pensate noi che siamo più di 12!!!

Nei villaggi fuori São Domingos stiamo continuando la catechesi degli adulti e dei giovani che hanno
chiesto la catechesi. Siamo proprio all’inizio totale, anche se abbiamo qualcuno che era stato battezzato anni e anni fa o in Senegal o nella capitale. Stiamo cercando di animare e formare queste persone perché diventino animatori di quelle comunità e futuri catechisti. Il segreto infatti è avere un buon catechista o animatore loro, dentro lo stesso villaggio. Le suore ci aiutano tantissimo con la loro promozione femminile. Quest’anno hanno cominciato a fare formazioni nei 4 villaggi che seguiamo. Formazione su come fare il sapone, i succhi di frutta, sul forno solare, ecc… Questo ci aiuta molto a conoscere, unire le persone e a motivarle. Ah! Dimenticavo! Le suore a São Domingos hanno aperto anche l’asilo, che già conta una quindicina di bambini!

Sempre nei nostri 4 villaggi ormai la gente ha già costruito delle cappelle provvisorie con rami di palme. Questo è segno del loro impegno e della volontà di formare una comunità. Noi non abbiamo fatto nulla. Sono loro che hanno fatto tutto e hanno messo in piedi questo luogo per la catechesi e la preghiera comunitaria. Ogni villaggio ha scelto un giorno in cui si riuniscono a pregare. Sono ai primi passi e noi quando possiamo andiamo a partecipare alla loro preghiera. Abbiamo spiegato loro che è la preghiera che forma la comunità e che permetterà di vedere molti frutti nel futuro, perché “Senza Gesù non possiamo fare nulla”!

Padre Franco Beati, PIME

Le capre rubate- 2 Il dono e la collaborazione

Vi ricordate del responsabile laico della parrocchia di cui vi scrivevo prima di Pasqua, quello che subiva il furto di circa una capra al mese?
Mi aveva chiesto di andare a benedire la sua casa, offrendomi una delle quattro capre rimaste. Avrei voluto rifiutarla, ma lui ha insistito che la prendessi, dicendo che non aveva mai offerto una sua capra a Dio e che era arrivato il momento di farlo, perché si era accorto di non averci mai pensato. E così l’ha offerta a me con l’intenzione di offrirla a Dio, sperando che Egli gradisse la sua offerta e preghiera. L’ho incontrato varie volte dopo il mio ritorno a Ngalbidje, ma non gli avevo ancora chiesto come fosse finita la storia delle sue capre. Questo fino alla scorsa settimana quando, dopo averlo fatto, mi ha risposto tutto sorridente che, da quel giorno, nessuna capra gli era stata più rubata e che gliene erano nate altre! E’ la fede dei “piccoli” cui sono spalancate le porte del Regno di Dio, una fede che riesce a “spostare le montagne”… e anche a non farsi rubare le capre! Continua a leggere

Breve storia delle Missionarie della Consolata in Mozambico

Primo periodo (1927 – 1948): il 1927 segna l’arrivo delle Suore Missionarie della Consolata in Mozambico. Le pioniere sono giovani donne coraggiose che affrontano le incognite e le difficoltà degli inizi con tanto coraggio e fede. Sono molto disponibili a partire da zero e, al tempo stesso, pronte a lasciare tutto, quando “ordini” perentori chiedono loro di abbandonare una missione per andare in un’altra. È commovente vedere quante missioni hanno aperto in pochi anni, e in quanta povertà!

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Faresti 40 Km a piedi per dire: “Grazie per ieri”? In Benin lo fanno

Cari Amici, spero che stiate tutti bene e che quel desiderio di missione sia sempre vivo. Vi scrivo da Wansokou, un piccolo villaggio che si trova nel nord del Benin, dove mi trovo per far visita ai missionari fidei donum pugliesi qui presenti e organizzare quella che sarà l’esperienza per alcuni giovani italiani ad agosto.
Attorno a me foresta verde che va pian piano ingiallendosi per via del soffio dell’ Armattan, un vento caldo che brucia di giorno ma fa rabbrividire la notte. Passeggiando per strada si riescono a scorgere solo i tetti di paglia delle capanne, perché le piantagioni di mais ancora rimaste le coprono interamente … chissà come sarà ad agosto in piena stagione delle piogge. Nelle notti di luna piena, la gente ne approfitta per stare attorno al fuoco a ridere e bere, i ragazzini restano in ascolto dell’anziano del villaggio, seduti ai suoi piedi, memorizzano briciole di tradizione che loro stessi racconteranno alle future generazioni. Altri ancora cantano e danzano senza stancarsi, quasi volendo accompagnare la luna lungo il suo tragitto, per tutta la notte. Attorno a questo piccolo villaggio ne sorgono altri 19 almeno, ancora più piccoli e più lontani dalla città, appartenenti a diverse etnie: ci sono i Wamà, i Ditammarì, i Peell. Ognuno di loro conservando la propria tradizione, vive in pace con gli altri e alcuni fra loro sono diventati cristiani compiendo davvero delle scelte forti e non semplici ma liberanti. Alcuni villaggi durante le piogge non sono più raggiungibili per via della pessima strada e spesso molti di loro restano fermi per mesi senza poter comunicare con gli altri ma questa forse è una mia lettura da occidentale a cui sembra impossibile non potersi muovere da un villaggio per mesi, per loro non sembra un grave problema. Si nutrono di ignam, che somiglia alla patata ma ha il sapore di castagna e lo cuociono in mille maniere: lo arrostiscono per mangiarlo “in piedi” al campo durante la pausa oppure lo fanno bollire e lo accompagnano con tipiche salse molto piccanti. Carne poca, qualche pollo ogni tanto, il maiale solo nelle feste grandi. Adesso sono nel periodo di raccolta e il cibo non manca, c’è anche molta frutta. Nei mesi di Giugno e Luglio, però, si fa la fame, il cibo finisce, le scorte si esauriscono e fino a metà agosto si aspetta che l’ignam sia pronto, frutta non se ne trova e sono davvero dei mesi difficili per questa gente. Quasi tutti i bambini vanno in giro nudi e le donne si coprono solo dal ventre in giù, forse per il caldo o più per il rapporto che hanno col proprio corpo, parte di un creato che vive nel creato, senza i filtri di un panno addosso che ne impedirebbe questo continuo contatto.
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