Il Padre Nostro in Kiswahili cantato dai bambini di p. Kizito

Il Padre Nostro in Kiswahili cantato dai bambini di Mdugo Ndogo Rescue che fino a maggio scorso erano ancora in strada.

The Our Father in Kiswahili sang by the Ndugu Mdogo Rescue children who up to May were still in the streets.

Il nostro blog aveva già pubblicato un’altra discussa versione del Padre Nostro in lingua africana.

Don Felice Tenero racconta le scelte della chiesa di Floresta

Floresta.- Don Felice Tenero, veronese, racconta con tono pacato e con visione lucida, la sua esperienza missionaria a Belem de Sao Francisco, nel Sertao Brasiliano. La sua testimonianza ci aiuta a riconoscere i problemi della gente, afflitta dalla siccità e dalla violenza. La chiesa si inserisce in questo contesto di sofferenza, povera al servizio dei poveri. La scelta della povertà è accompagnata dalla scelta dell’annuncio del Regno di Dio. Le piccole comunità cristiane sono le cellule pulsanti di questa chiesa. Don Felice è incaricato del cammino di formazione diocesano per i laici discepoli e missionari di Cristo.


Grazie per questa testimonianza di una chiesa che esce all’incontro della gente!

Avvento di Carità: una scuola a Chirundu in Zambia

Lo Zambia occupa il 165esimo posto dell’indice di sviluppo umano e il 75% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Ma ci sono delle realtà missionarie in cui si cerca di cambiare le cose. Don Michele Crugnola, prete fidei donum della diocesi di Milano, vorrebbe ampliare la scuola gratuita per accogliere i tanti bambini che non possono permettersi di andare a scuola (in Tanzania le scuole richiedono un rimborso spese a carico degli alunni). Da qui nasce il progetto di Caritas Ambrosiana e Ufficio Diocesano per la Pastorale Missionaria: “Una scuola più grande” per permettere a don Michele di avere due aule in più per i tanti bambini di Chirundu.

I fideidonum di Huacho per l’assemblea del clero

I fideidonum di Huacho per l’assemblea del clero diocesano di Milano


Noi Sacerdoti Fidei Donum inviati a Huacho – Perú abbiamo condiviso alcune riflessioni in vista dell’assemblea diocesana del clero. Le offriamo con fiducia e come un segno di una comunione che sentiamo reale con la nostra chiesa di origine e con il presbiterio di cui continuiamo ad essere membri.

1. Istruiti dalla missione

Nella nostro incontro di gruppo ci siamo riconosciuti “istruiti dalla missione”sia sul versante personale che comunitario. Riporto una piccola antologia di osservazioni su questo tema:

– Qui devi comunicare, ascoltare e non fare, proporre e non imporre, valorizzare la presenza dei laici, delle religiose. In questo modo impari e ti purifichi.

Forse é questo lo stile “eucaristico” che dovremmo apprendere e insegnare e vivere nella Santa Messa che, con gli anni, ti accorgi che é la ricchezza, più grande che hai, l’occasione più feconda per entrare nella vita della gente, lo stile vero che devi dare.

– Nel nostro contesto l’Eucaristia non è assicurata per tutte le comunità: soprattutto i piccoli pueblos delle zone agricole sono visitati solo raramente dal sacerdote.

Sentiamo l’importanza di una linea pastorale che formi i laici e faciliti la realizzazione dell’incontro domenicale delle piccole comunità anche in assenza di celebrazione eucaristica.

– Da un anno sto ascoltando e osservando. Obbligato prima dalla precarietà del mio castigliano, poi da una realtà che andava articolandosi diventando sempre più complessa, il mio udito e la mia vista si abituavano piano piano ad ammettere: “questo non l’avevo ancora visto”… “questo l’avevo capito diversamente”… “qui mi ero proprio equivocato!”. Vedere e ascoltare non sono per me attitudini nuove ma la missione in un altro continente le hanno fatte diventare scelta strategica, opzione pastorale, obbedienza a una storia sacra.

– La mia fede, specialmente il primo anno, l’ho dovuta rivedere. Mettere alla prova. Confrontare. Il contatto con civiltà antiche, con popoli che per secoli hanno vissuto senza Cristo, alcune modalità di evangelizzazione che imponeva la fede, che non era sostenuta da una chiesa sempre esemplare, tutto questo ti pone tante domande: Ma é proprio la nostra piccola croce di Gesù a salvare?

Sì, é proprio la Croce di Gesù, la luce che mi ha illuminato nei turbamenti più profondi, di fronte al dolore, la ingiustizia, la cattiveria. Vedere certe donne, persone umiliate… solo guardando il crocefisso ti si apriva il cuore a dare una parola di speranza. Allora capisci che forse é la storia del dolore il vero denominatore comune di tutte le storie di popoli e persone. Tutti sono nel dolore e quindi Gesù, crocifisso, risorto, diventa il fratello universale. E nasce la speranza.

2. Un contributo sul metodo della Assemblea del clero.

Un contributo della Chiesa Latinoamericana è sicuramente il metodo del Vedere, Valutare, Agire (ver, juzgar, actuar), utilizzato anche nell’ultima conferenza dell’episcopato latinoamericano ad Aparecida. Il “vedere” si può facilmente sovrapporre all’ “ascoltare” della nostra chiesa di Milano. Speriamo proprio che faccia suo questo metodo nelle sue tre tappe, riconoscendone esplicitamente la paternitá Latinoamericana fin dal 1968 (Medellin)! La chiesa sudamericana da decenni ha praticato l’ascolto della realtà, per comprenderne i cambiamenti e i segni dello Spirito. Riconoscere esplicitamente questa ricchezza metodologica sarebbe un bel gesto di accoglienza dell’esperienza delle altre chiese, con le quali la Diocesi di Milano sta collaborando da anni.

3.I frutti sperati dall’assemblea del clero diocesano.

A) L’ascolto permanente e personale che precede ed accompagna le decisioni che toccano la vita del prete.

Non pensiamo che il tema dell’ascolto del clero si esaurisca nel tempo e nelle modalità di una grande assemblea. C’è un ascolto che passa nella relazione personale e non può essere mediato da grandi strumenti. Anche il sacerdote diocesano, preparato per ascoltare, ha bisogno di chi lo ascolti. A un livello profondo di accompagnamento spirituale, ma anche al livello ugualmente importante della programmazione pastorale. I grandi cambi di rinnovamento della vita diocesana in questi anni hanno toccato concretamente non solo la funzione del prete, ma anche la sua vita personale.

C’è chi ha sofferto ristrutturazioni pastorali che sono passate sopra la sua testa. C’è una grande sete di essere ascoltati e presi in considerazione dai superiori. Si cerca e si attende una possibilità di ascolto e colloquio personale. Questa è la base per una serenità anche nei momenti delicati dei cambi. É questione di rispetto e di attenzione alla persona ed è un metodo che scioglie in anticipo molti possibili elementi di crisi.

B) La crescita ed il rinnovamento di una disponibilità reale ad andare, partire ancora, senza timore.

La vita qui in Perù ci aiuta a semplificare un po’ tutto: esigenze, attese, fede, bisogni. Non ha tolto però quell’ansia apostolica che ci hanno dato i nostri padri…nei seminari; e questa voglia apostolica la consideriamo una delle realtà più belle ricevute da Milano e bel regalo da dare alla diocesi qui. L’idea che il tempo va sempre sfruttato per avvicinare tutti e colorare di fiducia cristiana la vita.

La missione ci ricorda che la pastorale non si rinchiude negli spazi del religioso, ma è impulso profondo e perenne a lasciarsi attrarre per Gesù là dove gli uomini amano, vivono, soffrono per condividere le loro attese e speranze profonde permettendo che la luce del vangelo le illumini.