Il vento della missione è più forte del ciclone

MYANMAR (Agenzia Fides) – E’ un grande segno di speranza per la comunità cattolica e per tutta la popolazione birmana l’ordinazione di 4 nuovi sacerdoti, avvenuta nei giorni scorsi nell’Arcidiocesi di Yangon, due dei quali saranno missionari “ad gentes”. La celebrazione si è tenuta il 2 maggio, giorno che coincideva con il secondo anniversario del ciclone Nargis, che nel 2008 ha fatto 140mila morti e danni enormi. Le vittime sono state ricordate durante la celebrazione, e la Chiesa del Myanmar ha colto l’opportunità per ribadire il suo impegno, passato, presente e futuro, per la riabilitazione e la ricostruzione.
L’ordinazione dei quattro sacerdoti è “un evento di grazia nell’Anno Sacerdotale”, e si è svolta nella Cattedrale di Santa Maria a ngon, presieduta dal Delegato Apostolico, Mon. Salvatore Pennacchio, alla presenza dell’Arcivescovo di Yangon, S. Ecc. Mons Charles Bo, e di oltre 2.000 fedeli.
Nell’occasione l’Arcivescovo ha annunciato che 2 novelli sacerdoti saranno inviati nelle Isole Salomone come fidei donum nella diocesi di Gizo, su richiesta del Vescovo locale, Mons. Luciano Capelli Sdb, “in spirito di amore e di condivisione, in unione con l’intera missione della Chiesa”. E’ la prima volta che l’Arcidiocesi di Yangon invia preti fidei donum verso la piccola Chiesa del Pacifico: “Pur nelle difficoltà e nelle privazioni che viviamo – sottolinea l’Arcivescovo – la Chiesa del Myanmar intende coltivare uno slancio missionario”. Continua a leggere

San Francesco Saverio ed i fidei donum

Il 3 dicembre, nel giorno della festa di San Francesco Saverio, patrono della missione, non possiamo non andare col pensiero a tutti voi fidei donum che sulla scia di questo grande missionario d’Asia, testimoniate quotidianamente la passione per il Vangelo.

Francesco Saverio ha percorso più di 63.000 km e anni di navigazione, ma il viaggio più affascinante che percorre è quello “interiore”.

In questo Anno Sacerdotale risentiamo nostre le parole della Presbyterorum ordinis: «Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell’ordinazione non li prepara a una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza, “fino agli ultimi confini della terra”».

Sentendo nel cuore la stessa passione evangelizzatrice di Paolo, di Francesco Saverio e di tutti i missionari della storia, sostiamo davanti all’Eucaristia per respirare la presenza di Gesù e risentire il suo invito ad andare ancora alle genti.

Un ricordo vicendevole

don Antonio Novazzi e ufficio missionario della Diocesi di Milano

Figura e identità del sacerdote, oggetto di riflessione nell’anno sacerdotale

Nota di don Giuseppe Angelini.
Venerdì 19 giugno, giorno della festa del Sacratissimo Cuore di Gesù, è iniziato anche l’anno sacerdotale, indetto da Benedetto XVI prendendo occasione dal 150° anniversario della morte del santo Curato d’Ars. Tale anniversario è però, con tutta evidenza, soltanto un’occasione; l’attenzione della Chiesa tutta, la sua
riflessione e la sua preghiera, doveva essere richiamata al tema del ministero del sacerdote in forza di argomenti obiettivi e urgenti. Il tema del sacerdote è di rilievo assolutamente centrale per farsi un’idea del destino complessivo del cattolicesimo del nostro tempo.
Se dovessimo affidarci ai criteri suggeriti dalle proiezioni statistiche, dovremmo concludere che la Chiesa sta per finire. Fino ad oggi infatti ha potuto sussistere solo grazie al ministro dei preti. Grazie, più precisamente, a una precisa figura di sacerdote: celibe, dedito dunque al ministero a tempo pieno. Pieno era non soltanto il tempo dedicato dal sacerdote al ministero; pieni erano anche la cura, il cuore, la mente, i pensieri, le energie tutte dedicate al ministero.
Dal punto di vista della legge canonica la figura del prete non è cambiata, certo. E tuttavia sempre più frequenti sono le riserve elevate ad alta voce nei confronti di quella figura di prete. Qualche sospetto nasce anche a proposito della tenuta di quella figura di sacerdote nella coscienza dei giovani sacerdoti. Con certa frequenza i sacerdoti anziani esprimono nei confronti di quelli giovani un sospetto, che abbiano – per così dire – una doppia vita: la vita del ministero e la vita privata. Ma perché, si obietterà, non dovrebbe essere lecito a un prete avere una vita privata? Probabilmente, occorrerebbe intendersi in maniera più precisa a proposito del significato di tale espressione. In ogni caso, la questione non è che cosa sia permesso e che cosa no, ma che cosa giovi. Che un sacerdote abbia il diritto, e anzi il dovere, di momenti di rapporto personale, e anche di amicizia, suoi personali, che non possono essere ridotti alla figura di momenti del ministero, è evidente. E tuttavia la sua missione, e dunque la sua figura di ministro della Chiesa, deve certo connotare tutti i suoi rapporti. Questo oggi non pare accadere sempre; e se non accade, non è a motivo di una decisione consapevole di diverso genere, ma in conseguenza di un’incapacità obiettiva di vedere come l’identità sacerdotale possa connotare tutti i momenti della vita. Continua a leggere