“Vado io”. Daniele Badiali con i poveri delle Ande per incontrare Dio

In occasione della giornata di preghiera per i missionari martiri (24 marzo) esce «Vado io. Con i poveri delle Ande per incontrare Dio. Missione e martirio di padre Daniele Badiali» (Emi). È la biografia, scritta da Gerolamo Fazzini, di un sacerdote fidei donum di Faenza, legato all’Operazione Mato Grosso, ucciso in Perù all’età di 35 anni. Eccone un estratto:

http://www.lastampa.it/2017/03/22/vaticaninsider/ita/recensioni/vengo-iocon-i-poveri-delle-ande-per-incontrare-dio-fpyqrIRoTR1NVHlOqMp5DI/pagina.html

Il drammatico Natale 2016 del Sud Sudan

Di Natale abbiamo bisogno tutti. Direi in modo particolare la gente del Sud Sudan. Sapete già che  l’entusiasmo dell’indipendenza, 2011, e’ durato poco. Dal Dicembre 2013 la situazione e’ andata sempre più peggiorando. Sono in Sudan dal 1969, nel Sud Sudan dal 1984.  Ho l’impressione che il peggio sia  ora. Insicurezza generalizzata e mancanza  dei mezzi per vivere. Centinaia di migliaia sono scappati all’estero e sono finiti in campi di rifugiati. Decine di migliaia sono nei campi protetti dalle Nazioni Unite. Uno di questi campi e’ a poco più di un Km da casa nostra. Dalla mia stanza guardo questa distesa di tende dove vivono ammassate 35.000 persone. Hanno paura a lasciare il campo, si sentono minacciati. E’ come se fossero prigionieri. Ma hanno la fortuna di avere il minimo di cibo garantito. Fuori dal campo la gente deve cercare di sopravvivere come può.  I beni di prima necessita’ sono diventati talmente costosi che la maggior parte della gente non ce la fa. Che tristezza. Signore, abbi misericordia di noi. Continua a leggere

La carità nell’accoglienza dei poveri (genitivo soggettivo)

Una domenica pomeriggio di questo mese di agosto, ho voluto andare a visitare due signore che avevo conosciuto in ospedale, una con un bambino disabile, la seconda un signora che a causa di un incidente, avuto insieme al marito, deve rimanere immobile a letto da piú di un mese… e ancora deve rimanere prima di potersi sedere o alzare. Sono persone molto semplici, “super semplici“. A volte occorre usare il superlativo per descrivere la normalitá e semplicitá delle persone. Sublimi nella loro semplicitá , me ne sono accorto subito. Quando arrivo al quartiere , il marito della signora allettata mi stava aspettando sulla piazzetta e mi conduce fino alla casa, entro e vedo una bottiglia di Inca Cola, un bibita peruviana, nuova, sul tavolo della cucina. Penso “sicuramente , quando ho chiamato per dire che sarei andato a visitarli , sono andati a comperare qualcosa de offrirmi”. Mi fermo un oretta parlando e conversando della famiglia, dei progetti della figlia di 14 anni che vuole essere ingeniere, del padre che non finí la universita di ingenieria e ora fa il meccanico e che non lavora perché deve fare riabilitazione al braccio che ancora non muove bene e perché deve servire alla moglie immobile a letto (accudirla, lavarla servirla) Mentre parliamo la figlia mi porta un piatto con due fette di una torta e un bicchiere della bibita che stava sul tavolo. Loro non mangiano, io ne prendo metà fetta e alla fine preghiamo un po´ e do la benedizione alla famiglia, saluto e arrivato alla porta il marito vuole darmi anche dei soldi per il passaggio.. io rifiuto. E riprendo il mio cammino grato per quello che ho ricevuto di accoglienza. Continua a leggere

“Ero in carcere e mi avete visitato”

Questa testimonianza scritta da don Giambattista Inzoli, Fidei Donum dalla diocesi di Milano in Perù ci illustra in concreto la chiesa in uscita per vivere le opere di misericordia, in questo caso quella che riguarda i carcerati.

Dallo scorso giugno aiuto il lavoro pastorale nel carcere di Camaná, che è piú piccolo di quello di Carquin (Huacho) o di Aucallama (Huaral) . Ci sono circa 260 detenuti. Sembra una grande famiglia, tutti si conoscono. E sembra molto diverso da un grande carcere molto piú impersonale.

Il clima è differente e per il fatto che ho tempo, posso dedicare al carcere circa due giorni alla settimana. Per la Messa, catechesi per i sacramenti il primo giorno, il martedí, mentre per dialoghi e confessioni personali il secondo giorno, il giovedí. Giro per i quattro padiglioni con tranquillitá e mi fermo a parlare e dialogare con i detenuti. In questo tempo stavo riflettendo sulla parabola del Vangelo, quando parla del carcere, nel vangelo di Matteo, Gesú dice “ero prigioniero e siete venuti a visitarmi” . Riflettevo sul senso di questa parola, perché molte volte, soprattutto quando si fa la formazione a coloro che voglono essere volontari, nel loro parlare, e per giustificare il loro desiderio di venire nel carcere fanno queste affermazioni ,”Io voglio venire per dire a loro che non devono fare il male, perché si convertano” “Io ho fatto la catechista e so come dirgli le cose” “Dobbiamo dire che il male, il demonio ti prende se loro non si mettono a pregare…”. C’é , insomma, chi vorrebbe catechizzarli, chi vorrebbe insegnare, chi verrebbe dargli i sacramenti, esorcizzarli…. Chi si sente buono, vorrebbe mostrarlo portando sapone e carta igienica, o piccole cose che non ci sono in carcere. Peró Gesú, che non è l’ultimo arrivato, dice che quando vai in carcere, come quando vai in un ospedale o a casa di un ammalato, la cosa importante non sono le parole che porti, o il regalo, i fiori o i biscotti o la frutta che porti, ma il fatto che vai a visitare lui, vai a incontrare una persona, come persona, e quindi ad ascoltarla o , se lui non parla, a visitarla, dicendo “Come, stai? Come ti chiami? “ e una volta che hai conosciuto il nome vai a visitare José, Santiago, Jaime, Elvis…. Visitare le persone. Inoltre il vangelo dice che quando vai a visitare una persona detenuta, in realtá incontri Lui, “a me lo avete fatto, mi siete venuti a visitare” significa che la visita in carcere e l’incontro è per noi una occasione per essere evangelizzati, per ascoltare un parola rivelatrice, per contemplare il Dio fatto carne, che è venuto per visitarmi. Mentre visiti allora sei visitato, mentre ascolti riconosci una rivelazione, mentre ti apri all’altro sei abitato dal mistero di Dio fatto uomo.
Certo, c’e ́ bisogno di uno sguardo profetico e contemplativo, di fede.
Ed è, allora in queste visite, con questo stile, che, in questo apparente parlare del nulla, o meglio delle cose di tutti i giorni, che uno ti dice “ ̈Padre può confessarmi, sono 20 anni che non lo faccio” “Padre i miei non mi hanno battezzato. Ora finisco la pena, posso ricevere il battesimo come devo fare?” “Padre io vorrei sposarmi, lei che mi consiglia..”

E così passano le ore e devo correre in fretta a casa perché altrimenti arrivo in ritardo al pranzo comunitario in prelatura.
La conversione pastorale che papa Francesco chiede a tutti noi, per essere una chiesa in uscita, è una conversione strutturale verso una chiesa che va incontro alla gente e con la gente condivide un po ́della vita.

I coccodrilli che mangiano i cristiani. Letteralmente!

Carissimi, eccomi qui! Era da parecchio tempo che non mi facevo sentire. Approfitto di questo mio soggiorno nella capitale per scrivervi.Qui a S. Domingos (Guinea Bissau) abbiamo avuto un po’ di problemini a causa di quei grossi coccodrilli che hanno fatto tre vittime.Tutte e tre frequentavano la nostra comunità cristiana.

Ultimo ad essere ammazzato è Avelino, pre-catecumeno, marito di Antonieta, la signora che viene a lavarci e a stirarci i vestiti. L’anno scorso avevano avuto tre gemellini che hanno chiamato con i nomi dei padri del Pime della zona: Padre Zé, Padre Franco e Padre Stephen. Il 28 settembre Avelino tornava dall’isola contento, dopo aver terminato di vangare tutte le sue risaie. Tornava con un amico, ognuno sulla sua piccola canoa. Si fermano a pescare per portare un po’ di pesce a casa, ed ecco che due coccodrilli velocemente scuotono la canoa. Avelino cade in acqua gridando. L’amico rema velocemente verso riva e si butta salvandosi dalle bestie che avevano iniziato a seguirlo. Avelino non l’ha più visto. Quel giorno nessuno sarebbe andato sull’isola a lavorare perché era il giorno di riposo secondo il calendario felupe. Così l’amico sopravvissuto rimase solo sull’isola tutto il giorno e la notte, paralizzato dalla paura. Non aveva più il coraggio di salire sulla canoa e di remare. L’indomani la gente prende la canoa per andare nelle isole a coltivare il riso. Sbarcando sull’isola e vedendo quell’uomo solo e spaventato capiscono che è successo qualcosa… Iniziano tre giorni di ricerca. Nulla! Il quarto giorno la gente, rassegnata, si è radunata per le cerimonie funebri. Ha lasciato 8 figli e la moglie. Da quel giorno la gente, dominata dalla paura, ha smesso di navigare il fiume, sia per pescare, sia per raggiungere le isole dove hanno piantato il riso… Tutto si è paralizzato per un mese, fino all’inizio di Novembre. Mi chiederete: perché?? Non si poteva iniziare una caccia? Non si poteva prendere i fucili e diminuirli un po’?! No, perché la maggioranza dei felupe che lavorano nelle isole non sono cristiani e credono nella leggenda che alcuni uomini cattivi e con poteri magici possano trasformarsi in coccodrillo. Secondo loro Avelino è stato preso da uno di questi uomini trasformati. Si è avviata una serie di cerimonie tradizionali e balli per risolvere il problema e ritrovare l’armonia. Hanno chiamato uno “stregone”, che ben pagato, ha fatto le sue belle cerimonie… ma il problema è rimasto e i coccodrilli continuavano a gironzolare nel fiume. Continua a leggere